“Non ci sara’ prevenzione in Europa verso Giorgia Meloni, se dovesse divenire Presidente del Consiglio, ma se lei “va li’, sbraita, batte i pugni sul tavolo e dice ‘la pacchia e’ finita’, le fanno una pernacchia”, sono queste le parole di Carlo Calenda durante un dibattito sul Pnrr assieme al sindaco di Ravenna Michele De Pascale, alla Festa delle citta’ organizzato da Ali.

Il leader di Azione e’ partito proprio sulla necessita’ di chiedere all’Europa una dilazione nella realizzazione dei bandi delle opere finanziate dal Pnrr, a causa delle difficolta’ di indirli, come sollecitato anche da De Pascale. “I cambiamenti da chiedere – ha proseguito Calenda – sono di ordine implementativo”. Calenda ha sottolineato la necessita’ di sostenere i sindaci con due miliardi per dar vita ad una stazione unica appaltante che permetta a tutte le amministrazioni comunali di indire le gare per le opere finanziate dal Pnrr”. “Se non otteniamo una dilazione dei tempi – ha proseguito – falliamo cosi’ come abbiamo fallito nei decenni passati nella gestione dei Fondi europei. In questo senso se non cambiamo la possibilita’ di realizzare le opere del Pnrr e’ pari a zero”. Questo implica la capacita’ del futuro governo di interloquire con Bruxelles e con gli altri governi dell’Unione. “Il successo dipende da come Meloni si porra’ – ha affermato Calenda – non e’ mai accaduto che in Europa dicessero ‘con questo non ci parliamo’. Se tu vuoi per esempio il price cap devi essere credibile e devi saper trattare offrendo qualcosa. Il problema e’ se poi vai da Vox e dici ‘aspetto l’onda sovranista’, perche’ quello crea problemi agli altri governi”. “C’e’ poi un tema di capacita’ tecnica – ha aggiunto il leader di Azione – perche’ se chiedi di spostare in avanti i tempi del Pnrr, allora ci vuole la capacita’ tecnica di spiegare la situazione. Ma se Meloni va li’, sbraita, batte i pugni sul tavolo e dice ‘la pacchia e’ finita‘, allora le fanno una pernacchia”.

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