Patrick Zaki

Dopo 14 mesi di detenzione in Egitto Patrick George Zaki è molto provato, “è in un pessimo stato psicologico”. È il drammatico resoconto che arriva dal Cairo dalla legale di Patrick, Hoda Nasrallah, pessimista sull’udienza di lunedì il cui esito ancora non è stato reso noto.

Dalla capitale egiziana non arrivano segnali incoraggianti: la polizia ha impedito la presenza in aula dei diplomatici stranieri interessati al caso di Patrick, mentre gli avvocati tentano un cambio di strategia chiedendo la sostituzione dei giudici che si occupano del fascicolo di Zaki. Risposte in merito sono attese per “domani o dopodomani” (martedì o mercoledì, ndr).

Per Patrick George Zaki il calvario è sempre più pesante. “Non credo” in una imminente scarcerazione “visti tutti questi rinnovi”, ha detto per telefono all’ANSA l’avvocatessa, aggiungendo di sperare solo “in una sostituzione del collegio giudicante”. La difesa di Patrick vede nelle decisioni sui continui rinnovi della carcerazione un ingiustificato accanimento giudiziario, di qui la richiesta di cambio dei giudici. Il 29enne era stato arrestato in circostanze controverse il 7 febbraio del 2020 e la custodia cautelare in Egitto può durare due anni. Dopo una prima fase di cinque mesi di rinnovi quindicinali ritardati dall’emergenza Covid, ora il caso di Patrick è in quella dei prolungamenti di 45 giorni.

Altro tassello a sfavore il fatto che ai diplomatici stranieri – di Italia, Francia, Canada e Stati Uniti – sia stato negato l’ingresso in tribunale, nonostante l’approvazione del giudice. Hanno comunque depositato comunicazioni scritte per esprimere l’interessamento al caso. Circostanze che pesano su Patrick, ormai provato non solo dal punto di vista fisico ma soprattutto da quello mentale. “Patrick era in un pessimo stato psicologico. Non c’è stato tempo per stargli vicino”, ha detto l’avvocatessa. Non ha nemmeno parlato con i suoi legali. Meno di due settimane fa la sorella, Marise, aveva riferito all’ANSA che Patrick “ultimamente sta diventando sempre più depresso, sentendosi bloccato e vivendo nell’incertezza su quando tutto questo finirà”.

“Siamo molto preoccupati”, afferma Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia: “La situazione è veramente urgente. Non vorrei apparire o sembrare blasfemo ma questa è veramente la ‘Passione’ di Patrick”. Per la ong “è urgente che ci sia il massimo della mobilitazione possibile sul piano diplomatico, che coinvolga soprattutto l’Italia. Va bene aspettare l’esito dell’udienza però qui siamo di fronte a una situazione su cui è necessario fare il massimo e farlo presto”. Per Zaki il tweet di “speranza” del segretario del Pd Enrico Letta: “Non molliamo”.

Zaki, studente dell’Università di Bologna è detenuto da oltre un anno in Egitto, nella prigione di Tora. Il ricercatore, attivista per i diritti umani, a Bologna seguiva da settembre 2019 il master europeo Gemma in studi di genere. A inizio febbraio 2020 Patrick si era recato nel suo Paese natale, l’Egitto, per una breve vacanza dagli impegni universitari e all’aeroporto era stato fermato, interrogato e torturato secondo i suoi legali, e posto in stato di arresto. Tra i capi d’accusa anche la propaganda sovversiva e l’istigazione al terrorismo, sulla base in particolare di una decina di post Facebook da un account che però Patrick e i suoi legali affermano non essere autentico. Rischia 25 anni di carcere.

 

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