“Perché nessuno ha fatto un avviso sabato visto che c’era l’acqua che scorreva sotto il ghiacciaio? Perché non hanno fermato le persone? Perché le hanno lasciate andare?”. E’ quanto chiede Debora Campagnaro, sorella di Erica, che risulta ancora dispersa, e cognata di Davide Miotti, guida alpina tra le poche vittime al momento identificate della tragedia della Marmolada. “Davide era espertissimo di montagna, non sarebbe mai partito se ci fosse stato un bollettino di allerta. Ha due figli a casa di 24 e 16 anni”.
Ai giornalisti presenti la donna ribadisce che “se c’è una responsabilità andremo fino in fondo”. E poi, sui soccorsi chiede: “Non tollero che nel 2022 non ci siano strumentazioni adeguate, rivolgiamoci all’estero se necessario, andiamo in Norvegia, Groenlandia, che hanno strumenti per forare il ghiaccio. Ci sono delle vite umane lì sotto, mia sorella magari è ancora viva e noi restiamo qui ad attendere non so cosa”. Il riferimento è alle ricerche che vanno avanti in questi giorni solo con l’ausilio di droni ed elicotteri perché il rischio di ulteriori distacchi non permette di garantire l’intervento via terra.
Per la procura di Trento “in questo momento possiamo escludere assolutamente una prevedibilità e una negligenza o un’imprudenza. Ad affermarlo il procuratore Sandro Raimondi, intervistato dal Tg3. “L’imprevedibilità in questo momento è quella che la fa da protagonista – ha detto -. Per avere una responsabilità bisogna poter prevedere un evento, cosa che è molto molto difficile”. “Quando mi hanno chiamato i carabinieri di Cavalese subito dopo la tragedia – ha ricordato -, mi hanno parlato di situazione quasi apocalittica”. “Daremo una risposta alle famiglie delle vittime. Ci impegneremo al massimo e faremo di tutto per arrivare a capire cosa è successo sul ghiacciaio della Marmolada, accertare, se ci sono responsabilità, anche penali. Ora noi dobbiamo lasciare tutto lo spazio ai soccorritori” ha aggiunto Raimondi.
A oltre 48 ore dalla tragedia di domenica pomeriggio, le vittime accertate sono sette (cinque italiani e due cittadini della Repubblica Ceca), a queste vanno aggiunti i dispersi, che oggi sono scesi a 5 (tutti italiani), perché due coppie di alpinisti stranieri sono state rintracciate ed è stato dato un nome anche a uno dei dispersi che in realtà era ricoverato, senza un nome, all’Ospedale di Treviso.