A causa della pandemia da Covid19, è stata imposta la chiusura dei locali; dopo poco meno di un mese è stata concessa l’apertura con esclusivo servizio a domicilio in tutta Italia, ma non a Napoli. Nonostante nella città partenopea vengano consegnati beni che non riguardano la prima necessità, sembra non ci sia modo di far entrare nelle case dei napoletani la tanto amata pizza di cui ne sono ‘padroni’.
Certo, sembrerebbe una richiesta banale, eppure dietro l’apparente ‘capriccio’ si nasconde una gran voglia di riattivarsi, non solo economicamente ma anche e soprattutto mentalmente: verso il progetto e l’organizzazione di un nuovo inizio, quando finalmente si potrà riaprire.
Cosa ne pensa Gino Sorbillo?
“Napoli è l’unica città al mondo in cui non è consentito il servizio a domicilio, nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità non ha vietato il Delivery del food purchè ci si attenga alle disposizioni di sicurezza. C’è una disparità di trattamento e profonde incongruenze che non rendono chiare le motivazioni ma lasciano avvertire sfiducia nei nostri confronti sebbene ci siamo attenuti al regolamento chiudendo addirittura in anticipo. Apprezzo l’approccio coscienzioso e cauto di De Luca al popolo napoletano che spesso agisce superficialmente, ma adesso anche noi abbiamo bisogno di fiducia”.
Gino, cosa rappresenta la sua lotta per la riapertura a Napoli?
“Ognuno deve fare il proprio mestiere. E’ anomalo restare con le mani legate lasciando fare il lavoro che ci appartiene ai panifici che ormai producono anche la nostra pizza, venduta da bancone nell’arco della giornata e meno sicura di un prodotto che esce da forno bollente e viene consumato nell’immediato. Questa lotta rappresenta un principio di sopravvivenza, non di vita. Non sappiamo a cosa andremo incontro, il turismo su cui lavoriamo sarà azzerato, ed i locali più “grandi” e noti, saranno quelli ad avere problemi maggiori in quanto la paura delle folle non abbandonerà facilmente. E’ una battaglia per attivarsi gradualmente, perché ripartire “a filo di gas” è di certo meno difficoltoso di una partenza da zero”.
Sarà sicuro poter ordinare una pizza a casa? Quali norme sanitarie garantirebbe con il servizio delivery?
“I supermercati presi d’assalto, restano affollati e rappresentano una possibilità di contagio maggiore rispetto ad un servizio a domicilio che inoltre inciterebbe a non uscire ed essere serviti a casa senza i grandi contatti che avvengono tra gli scaffali. Portare a spasso nel supermercato un carrello non sanificato e toccato da diverse persone è un rischio notevole a cui si pensa poco. Noi con la pizza garantiamo un prodotto completo che esce dal forno a 470 gradi e viene impacchettato direttamente con la pala nel box pizza ricoperto all’interno una protezione di metallo per alimenti che crea una bolla d’aria di elevatissimo calore senza rischio di contaminazione. La nostra sarebbe un’apertura con “formula easy” con un personale essenziale che comprenda fornaio e pizzaiolo per la preparazione delle due pizze storiche che sfamano: Margherita e Marinara“.
Su Facebook ha dichiarato: “Anche in quarantena la pizza non è un alimento ma un sentimento”. Ci racconta qualcosa in più a riguardo. “La pizza sfama, emoziona, regala gioia, dona un momento di serenità, permette di sperare, di ritornare a credere che sarà possibile sorridere e ritrovarsi nel calore umano condividendo momenti speciali. La pizza è unione, legame, incontro, un atto d’amore che produce amore. Chi non si è addolcito osservando una pizza? Chi non si è innamorato davanti ad una pizza? Chi non si è dichiarato con una pizza? E’ l’alimento che ha più memoria e che più regala ricordi: c’è sempre un momento di pizza nella nostra vita e in quella degli altri”.