“Cerco di suscitare reazioni emotive”. Grande successo per la serie Sky “A casa tutti bene” dove è arrivata la svolta crime di Gabriele Muccino. La serie, family drama in 8 episodi con un ricco cast (tra gli altri, Laura Morante, Francesco Acquaroli, Francesco Scianna, Silvia D’Amico, Simone Liberati, Euridice Axen, Francesco Martino, Laura Adriani, Antonio Folletto, Paola Sotgiu, Valerio Aprea, Alessio Moneta, Emma Marrone, Milena Mancini), è in onda su Sky e su NOW. Protagonisti gli stessi personaggi del film omonimo del 2018, con il loro bagaglio di ferite dopo la fuga da Ischia.
Ma questa volta il regista porta ancora più all’estremo i dissidi. “La famiglia è un ring, ovvero lo specchio della società”. Muccino ancora una volta racconta le dinamiche complesse che animano una famiglia. E annuncia “Siamo già al lavoro sulla seconda stagione”. Sul connubio sempre su stretto tra cinema e tv dice “Stiamo transitando in una nuova era, un po’ come il passaggio tra il muto e il sonoro, accelerata dalla pandemia”. La sigla della serie è firmata da Jovanotti, alla terza collaborazione con Gabriele Muccino dopo Baciami ancora (2010) e L’estate addosso( 2016).
Intervista a Gabriele Muccino
Dopo 25 anni di cinema passa alla tv. A cosa ha puntato?
L’ambizione di fare una serie che avesse lo stesso impianto e lo stesso linguaggio narrativo di quello cinematografico. Non ho voluto ammorbidire i dolori, gli spigoli, la sgradevolezza dell’essere, ho puntato a portare il cinema in televisione. Si crea un’operazione empatica con i personaggi, viaggiamo con loro e soffriamo con loro: è un gioco di specchi. Interessante portarlo a un pubblico magari più giovane rispetto a quello che mi segue al cinema. La famiglia, con tutte le sue amarezze e le sue contraddizioni è la vera protagonista di A casa tutti bene. In una serie hai il lusso del racconto.
A distanza di tre anni dal film, racconta le dinamiche complesse della famiglia. In questa serie, è riuscito ad affrontarla con un po’ più di distacco?
Questa serie non ha la necessità terapeutica di risolvere i miei problemi con la mia famiglia o con la famiglia in generale. Questa serie ha la necessità forte di intrattenere, parlando di famiglia senza sconti, senza edulcorare nulla, facendo una disamina severa di quanto profonde e laceranti siano le famiglie disfunzionali e cosa provochi queste disfunzioni. Se il comune denominatore della famiglia fosse l’armonia, vivremmo in una società senza conflitti, guerre e avidità, senza il cannibalismo degli uomini sugli uomini. La famiglia è lo specchio della società e potrei raccontarla all’infinito, appunto per le sue molteplici declinazioni.
Nella serie tv si apre per la prima volta anche al genere crime. È un nuovo terreno che entra nel suo mondo cinematografico d’ora in poi?
È un terreno che mi ha sempre attratto e finalmente posso un po’ esplorarlo. Il genere crime mi ha sempre intrigato, non ero mai riuscito ad affrontarlo e ora è arrivato il moneto di farlo. Sulla carta la serializzazione di A casa tutti bene era un progetto pericoloso ma alla fine mi sembra che il risultato funzioni molto bene. Questi otto episodi sono di fatto otto film che ho voluto dirigere personalmente: non volevo che venisse fuori qualcosa di televisivo o convenzionale. Desideravo che il linguaggio fosse all’altezza del film e che lo standard qualitativo non scendesse. Quindi dovevo dirigerli io perché non c’è un regista in circolazione che mi somigli, anche se servirebbe!(sorride, ndr)
C’è quindi anche molto di lei in A casa tutti bene?
Sì, come in ogni film che ho realizzato. È un po’ come quando usi la penna: quella è la tua grafia, non puoi scrivere diversamente. Attraverso storie come A casa tutti bene possiamo entrare lentamente, e con delicatezza, nel tessuto cognitivo che ci portiamo addosso.
Ci sarà una seconda stagione?
Si, abbiamo deciso di scrivere subito la seconda stagione. Siamo già al lavoro.
Prima di questo progetto l’era mai venuta la voglia di “ampliare” un suo film con una serie tv?
L’idea della serie mi e venuta solo quella volta, girando A casa tutti bene. Ho fatto un cast molto attento, alcuni di loro hanno fatto anche trenta provini, altri solo uno perché erano già perfetti. Avevo bisogno del miglior posizionamento per fare in modo che la serie non fosse meno del film.
C’è un fil rouge che la rappresenta legando cinema e tv?
Il comun denominatore tra la serie e il film, ma anche con gli altri film, è il fatto che io abbia un’innata propensione per la leadership. È una sintonia tangibile che ho sentito anche con attori del calibro di Russell Crowe che è uno che litiga anche con i muri (ride, ndr). Dopo 7 giorni che giravamo (Padri e figlie – film del 2015) lui mi ha detto ‘ok facciamo questo film’ (ride, ndr) aveva capito che non solo io guidavo, ma che amavo quel film. Visto che non sopporto le cose simulate e posticce cerco di suscitare reazioni emotive, anche forti che porti gli attori a vivere le emozioni realmente. Penso che sentano l’amore che ho per i loro personaggi e i loro talenti e si crea una sinergia.
E lei che serie guarda in tv che l’attirano veramente?
Sono molto selettivo. Così come per il lavoro quasi maniacale sul set, scelgo con cura anche i prodotti con cui intrattenermi. Se dopo 15/20 minuti una serie non mi prende io stacco. Ma ci sono alcuni prodotti che sono cinema o comunque televisione di altissima qualità come Scene da un matrimonio, La Regina di scacchi ed Escape at Dannemora.
Cinema e tv si integrano sempre più in questi ultimi anni. Come la vede?
È un momento molto interessante e cruciale. Stiamo transitando in una nuova era, un po’ come il passaggio tra il muto e il sonoro, con una televisione sempre qualitativamente alta. Le cose stanno cambiando rapidamente ancor di più accelerata dalla pandemia che ha tirato fuori emozioni che erano sottotraccia e velocizzato questo cambiamento.
a cura di P.T.
Intervista a Gabriele Muccino: il cast
Un grande cast corale interpreta i membri della numerosa famiglia, nei suoi due rami, al centro della storia: Laura Morante (Lacci, Ciliegine, Ricordati di me) e Francesco Acquaroli (Fargo, Suburra – la serie, Alfredino – Una storia italiana) guidano il cast nei ruoli di Alba e Pietro Ristuccia, proprietari del ristorante San Pietro, a Roma, e genitori di Carlo, Sara e Paolo interpretati rispettivamente da Francesco Scianna (Baarìa, La mafia uccide solo d’estate, Latin Lover), Silvia D’Amico (The Place, Hotel Gagarin, Christian) e Simone Liberati (Petra, La profezia dell’armadillo, Suburra).
Euridice Axen (Gli Infedeli, Loro, Il Processo) è Elettra, ex moglie di Carlo, mentre l’esordiente Sveva Mariani interpreta Luna, la figlia della coppia, legata a Manuel, il cuoco del San Pietro interpretato da Francesco Martino (L’oro di Scampia, Catturandi – Nel nome del padre). Nei panni di Ginevra, attuale compagna di Carlo, Laura Adriani (Tutta colpa di Freud, Non c’è più religione). Antonio Folletto (Gomorra – La serie, Capri-Revolution, I bastardi di Pizzofalcone) è invece il compagno di Sara, Diego.
Quindi i Mariani: Paola Sotgiu (Suburra – la serie) interpreta Maria Mariani, sorella di Pietro e madre di Sandro e Riccardo Mariani, nei cui panni figureranno Valerio Aprea (Boris, Figli, Smetto quando voglio) e Alessio Moneta (1992, Baciami ancora). EMMA MARRONE (Gli anni più belli) interpreta la compagna di Riccardo, Luana, mentre Milena Mancini (La terra dell’abbastanza, A mano disarmata) sarà Beatrice, la compagna di Sandro.
Nel cast anche il giovanissimo Federico Ielapi (Pinocchio, Quo vado?, Tutti per 1 – 1 per tutti), Maria Chiara Centorami (Come saltano i pesci, Universitari – Molto più che amici) e Mariana Falace (Gli anni più belli, Si vive una volta sola).