Oltre 2mila persone per l’ultimo saluto a Sinisa Mihajlovic, l’ex calciatore e allenatore di calcio morto venerdì 16 dicembre a 53 anni dopo una lunga battaglia contro la leucemia. Cori, applausi e grande commozione nel giorno dei funerali svolti nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma. In tantissimi si sono ritrovati per abbracciare la moglie Arianna e i figli.
Il feretro di Mihajlovic è stato portato in spalla dagli ex calciatori della Lazio e della Samp Dejan Stankovic e Attilio Lombardo e dal Ct della Nazionale italiana Roberto Mancini. Presenti anche i tifosi di Lazio e Sampdoria, squadre dove l’ex difensore ha militato a lungo oltre a numerosissime corone di fiori presenti all’esterno della chiesa, tra cui quelle di Fifa, Uefa, delle sue ex squadre (Lazio, Milan, Bologna, Inter, Roma, Sampdoria), e dei comuni di Roma e Bologna. Presenti, tra gli altri, gli ex compagni di squadra Vincenzo Montella e Vladimir Jugovic oltre a Francesco Totti e Bruno Conti. A portare l’ultimo saluto anche il presidente della Figc, Gabriele Gravina, l’ex presidente della Samp, Massimo Ferrero, il presidente della Lazio Claudio Lotito, il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, così come Luca Cordero di Montezemolo, Gianluigi Donnarumma, Gianluca Vacchi, Paolo Brosio, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, Gianni Morandi e Serse Cosmi.
“E se tira Sinisa è gol” il coro dedicato al difensore specialista dei calci di punizione, con fumogeni celesti, bianchi e rossi, dai tifosi biancocelesti e blucerchiati. Nell’omelia, l’arcivescovo di Bologna, nonché presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Maria Zuppi ha parlato della malattia che ha colpito Mihajlovic e di fronte alla quale “non è mai a scappato. L’ha affrontata con coraggio, dandone anche ad altri. Lo ha fatto mostrando la fragilità dolce di un guerriero, che è tale perché sa rialzarsi o ci prova. La fragilità è una porta, non un muro”.
Sinisa l’ha affrontata “parlandone e piangendone. Il guerriero ha vinto con la dolcezza della fragilità, la vera forza. Diceva: ‘Non sono superman, ma devo combattere e non mollare mai'” ha sottolineato il cardinale Zuppi. “Era dolce e tenero. A Medjugorje andò nel 2008 e mi disse di aver iniziato a piangere come un bambino. Mi disse: ‘quel giorno mi sono sentito più uomo rispetto al resto della mia vita’”.