Siete venuti qui per liberarmi?“, poi il pianto liberatorio che ha posto fine al suo sequestro durato ben 22 anni. Sono le prime parole rivolte ai carabinieri dalla donna di 67 anni liberata venerdì scorso, 9 settembre, dai militari a Casalciprano, pesino di poco più di 400 anime in provincia di Campobasso. Scavata in volto, fisico esile, la donna è tornata a rivedere la luce dono decenni vissuti da segregata nell’abitazione del fratello e della cognata.

Era iniziato tutto con la morte del marito e l’invito alla donna di andare a vivere con il fratello, occupando la stanza che prima era dei genitori. Dopo qualche anno di convivenza pacifica, è poi iniziato l’incubo. Dal 2000 infatti la 67enne viveva in un tugurio, privo di riscaldamento e accessibile mediante una scala a chiocciola esterna e dotata di un sistema rudimentale di chiusura dall’esterno, con uno spago resistente legato ad un chiodo ancorato sul muro allo scopo di impedirle di uscire in assenza dei coniugi.

La donna, come emerge dalle indagini, poteva uscire sporadicamente solo se sorvegliata a vista dalla cognata, che la accompagna da una parrucchiera o a visitare la tomba del defunto marito, ma senza la possibilità di parlare con nessuno.

Ai carabinieri ha raccontato che il fratello e la cognata “non mi facevano fare nemmeno il bagno… Potevo lavarmi una volta al mese nella vasca del bucato”. Così come riporta il Corriere della Sera, la donna ha poi spiegato di essere stata segregata, “ridotta al silenzio, erano schiaffi e insulti se parlavo senza che prima mi dessero il permesso”.

A sbloccare la situazione e a far scattare le indagini dei carabinieri della compagnia di Bojano è stata una lettera anonima indirizzata al capitano Edgard Pica. E’ emerso che la 67 anni anche negli anni passati aveva provato a chiedere inutilmente aiuto più di una volta, probabilmente ad altri conoscenti.

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