Dina Boluarte è diventata la prima presidente donna del Perù, dopo la destituzione da parte del Parlamento di Lima di Pedro Castillo, di cui era fino a ieri la vicepresidente. Membro del partito di stampo socialista Perù Libre, avvocata, di 60 anni, Boluarte ha prestato giuramento in una seduta straordinaria del Parlamento, assumendo la guida della Repubblica, come previsto dalla Costituzione.

Castillo, maestro e sindacalista, si era insediato il 28 luglio 2021, dopo aver battuto di stretta misura al ballottaggio Keiko Fujimori, leader della destra peruviana e figlia dell’ex presidente Alberto Fujimori.

Boluarte ha rivolto un appello “all’unità di tutti i peruviani” e a una “tregua politica” con l’obiettivo di “dare vita ad un governo di unità nazionale”.
In un discorso di poco più di dieci minuti, dopo aver ricevuto la fascia presidenziale dal presidente del Parlamento José William, la prima donna presidente del paese sudamericano ha sottolineato che “assumo l’incarico consapevole dell’enorme responsabilità che mi tocca”, con la “profonda convinzione” che “è imprescindibile riprendere il cammino della crescita economica e dell’inclusione sociale, e della riforma politica di cui il Paese ha bisogno”.

“La mia prima misura – ha proseguito – sarà affrontare la corruzione in tutte le sue forme”, perché questo cancro dev’essere estirpato”. Boluarte ha poi ringraziato “le Forze armate e la Polizia nazionale, che hanno dimostrato di essere un pilastro della democrazia e chiedo loro di avere fiducia nel processo che stiamo inaugurando”. Le ultime parole della presidente sono state dedicate a ricordare la sua origine umile e alla volontà di impegnarsi “affinché i ‘nessuno’ e gli esclusi tornino ad avere un ruolo nel Paese”.

Il giuramento di Boluarte è arrivato al termine di una giornata caotica, durante la quale Pedro Castillo -che doveva affrontare ieri un procedimento di impeachment per “incapacità morale” in Parlamento, il terzo tentativo contro di lui in 16 mesi di mandato- ha tentato di sciogliere il Potere Legislativo. Castillo si è rivolto a sorpresa al Paese con un messaggio in cui annunciava di aver deciso di sciogliere il Parlamento per preparare lo svolgimento di nuove elezioni entro nove mesi che permettessero la costituzione di un’Assemblea legislativa con poteri costituzionali. Immediata la reazione dell’opposizione, della maggior parte dei media e dei responsabili degli organi giudiziari, che hanno condannato l’annuncio del capo dello Stato definendolo un gesto disperato e “un golpe contro la democrazia peruviana”.

In poche ore, la presidente del Consiglio Betssy Chavez e cinque ministri hanno rassegnato le dimissioni, così come hanno fatto il capo dell’esercito e alcuni ambasciatori, fra cui quelli alle Nazioni Unite e presso l’Organizzazione degli Stati americani. A fine mattinata ha abbandonato Castillo anche la sua vicepresidente, Boluarte, che in questo modo ha preservato le sue prerogative costituzionali. Infine, dopo alcune ore di incertezza, anche il comando congiunto delle forze armate e la polizia hanno diffuso un comunicato in cui hanno espresso fedeltà alla Costituzione, scaricando il capo dello Stato. A quel punto il Parlamento ha deciso di anticipare la sessione prevista per la proposta di destituzione di Castillo, che ha avuto uno svolgimento rapidissimo, senza neppure un dibattito preliminare. I favorevoli alla mozione sono andati ben oltre le previsioni: su 130 membri del Parlamento, 101 si sono espressi per la destituzione contro sei contrari e dieci astensioni.

E in serata la polizia ha arrestato Castillo nella sede della Prefettura di Lima, dove si era rifugiato in compagnia dell’ex premier Anibal Torres. La Procura generale peruviana ha poi informato che è stato avviato un procedimento preliminare contro l’ex presidente per i presunti reati di ribellione e associazione per delinquere. Secondo quanto riferisce il quotidiano locale El Comercio, un procedimento istruttorio nei confronti dell’ex capo dello Stato è stato aperto “per presunti reati contro i poteri dello Stato e l’ordine costituzionale”, sotto la forma di “ribellione” ai danni dello Stato. Tale reato, si precisa, “è previsto dall’articolo 346 del codice penale”. Nel contempo, si dice infine, Castillo “verrà indagato per il presunto reato di associazione per delinquere, ai sensi dell’articolo 349 della suddetta disposizione di legge”. .

L’Unione europea (Ue) gli ambasciatori degli Stati membri residenti a Lima hanno diffuso una dichiarazione sulla destituzione del presidente Pedro Castillo e la successione della vicepresidente Dina Boluarte, in cui “rigettano qualunque azione che vada contro la Costituzione e lo stato di diritto”. Appoggiamo, si dice poi nel comunicato diffuso nella capitale peruviana, “la soluzione politica, democratica e pacifica adottata dalle istituzioni del Perù”. Rivolgiamo un appello, si dice infine, “a tutti gli attori peruviani ad un dialogo che assicuri la stabilità nel quadro costituzionale”. Da parte sua, il ministro degli Esteri messicano, Marcelo Ebrard, ha affermato oggi che il governo di Andrés Manuel López Obrador “sarebbe disposto a concedere asilo a Pedro Castillo”, precisando però che l’ex capo di Stato “non ha per il momento fatto una richiesta in questo senso”.

Il governo di Lopez Obrador è stato molto vicino a Castillo nei suoi 16 mesi di governo, criticando l’aggressiva opposizione esercitata dalle forze di centro-destra peruviane contro “un presidente eletto dal popolo”. Ebrard ha anche annunciato che il vertice dell’Alleanza del Pacifico previsto a Lima la prossima settimana è stato sospeso a causa della crisi politica in Perù L’Alleanza (composta da Messico Colombia, Perù e Cile) aveva già programmato di tenere una riunione presidenziale il 24 e 25 novembre in Messico, ma anche quella era stata sospesa perché il Congresso peruviano aveva già negato al presidente Pedro Castillo il permesso di viaggiare. Nella prossima riunione il Messico dovrebbe passare proprio al Perù la presidenza di turno che detiene dal 2018. Inoltre, dovrebbero entrare a far parte del gruppo Costa Rica, Ecuador e Honduras.

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