Dopo un’infezione da coronavirus nei bambini, specie nei piu’ piccoli, si formano e perdurano per oltre un anno anticorpi, in concentrazione fino anche a 5 volte superiore a quella degli adulti.
E’ questo quanto rivelato da uno studio su un campione di 252 famiglie italiane comprendente bambini di ogni eta’ ed i loro genitori che hanno sperimentato una infezione asintomatica o lieve, condotto presso l’Universita’ di Padova e pubblicato sulla rivista Jama Network Open.
Lo studio, coordinato da Carlo Giaquinto, docente del dipartimento di salute della donna e del bambino e da Andrea Padoan del Dipartimento di medicina DIMED, lo studio e’ tuttora in corso e i ricercatori stanno ancora reclutando famiglie per verificare cosa succede con le nuove varianti del SARS-CoV-2.
“Con il nostro lavoro – ha spiegato all’ANSA Costanza Di Chiara del Dipartimento di salute della donna e del bambino dell’ateneo padovano – abbiamo osservato che il livello (“titolo”) di anticorpi prodotto in seguito all’infezione e’ inversamente proporzionale all’eta’ dell’individuo (cioe’ piu’ l’eta’ aumenta meno sono gli anticorpi prodotti), con i bambini piu’ piccoli (sotto i 3 anni) che sviluppano un titolo di anticorpi diretti contro la proteina Spike 5 volte piu’ alto rispetto ai loro genitori. Questa differenza si e’ vista mantenersi fino a oltre 12 mesi dall’infezione”, aggiunge l’esperta.
Lo studio e’ stato condotto prima che Omicron divenisse la variante dominante nel mondo, rileva la pediatra, “motivo per cui non possiamo prevedere il livello di protezione offerto da questi anticorpi contro la nuova variante. Sicuramente – aggiunge Di Chiara – piu’ e’ alto il titolo anticorpale e meno si e’ a rischio di malattia grave, ma non di contrarre una nuova infezione”. Proprio per capire quale sia il livello di protezione offerto, continua Di Chiara, “stiamo ancora reclutando famiglie per fare la stessa valutazione con le diverse varianti”. “Parallelamente stiamo anche studiando la risposta anticorpale post-vaccino in un gruppo di bambini di 5-11 anni, sia bambini sani, sia con patologie che richiedono una terapia che agisce reprimendo il sistema immunitario, per valutare se questa interferisca con la risposta alla vaccinazione”.