Potrebbe finire in tribunale la vicenda del 64enne di Forlimpopoli che si è tolto la vita dopo la puntata delle Iene sul caso del 24enne forlinese, a sua volta suicida dopo aver scoperto che era lui la ‘donna’ con cui aveva a lungo chattato. La famiglia del 64enne – madre e sorella – sta valutando con il proprio legale, Pier Paolo Benini, un esposto alla Procura di Forlì per istigazione al suicidio o violenza privata.
“Le Iene l’hanno fatta grossa” tanto che “ci sono gli estremi per fondare un esposto senza incorrere nella calunnia“, dichiara a LaPresse l’avvocato. “Personalmente la vedo come una possibilità di ricostruire l’intera vicenda senza le ‘infarciture’ fatte dalla trasmissione”. Secondo Benini “gli estremi” sarebbero per “violenza privata a cominciare da come è stato bloccato impedendogli i movimenti per realizzare il servizio” e perché la trasmissione “è andata in onda nonostante una diffida per iscritto”. Una vicenda che “ha lasciato profonda tristezza e amarezza – commenta la sindaca del piccolo centro romagnolo, Milena Garavini – ma è anche un invito a fare una riflessione, ovvero quanto possa essere dannosa la spettacolarizzazione delle disgrazie altrui, soprattutto quando causa un’ondata emotiva che spinge le persone a emettere giudizi senza conoscere i fatti”.
Il 64enne, infatti, sarebbe stato riconosciuto da alcuni suoi compaesani nel servizio televisivo a causa per esempio di alcune connotazioni fisiche (era senza capelli) e degli ambienti ripresi dalle telecamere. Per questo si ipotizza che non avrebbe retto alla vergogna.
Il giorno dopo la messa in onda del servizio, a Forminpopoli erano anche comparsi sui muri manifesti con scritte del tenore ‘Maledetto devi morire e bruciare all’inferno‘. Nelle ore successive l’uomo si era rivolto ai carabinieri della stazione locale sporgendo denuncia contro ignoti. A quanto si apprende, sarebbero proprio questi anonimi a rischiare, una volta individuati, l’iscrizione sul registro degli indagati per minaccia e istigazione al suicidio, reati che la Procura di Forlì, guidata dalla dottoressa Maria Teresa Cameli potrebbe decidere di perseguire d’ufficio senza necessità di una querela di parte. Responsabilità quindi che si abbatterebbero più sugli hater che sulla trasmissione, coperta dal diritto di cronaca e dall’aver comunque condotto interviste lungo strade pubbliche.
Sul tavolo di inquirenti e militari dell’Arma c’è un ventaglio d’ipotesi non ancora esplorate perché i tempi rapidi in cui la situazione è degenerata – anche dal giorno in cui la vittima si è presentata in caserma – fino alla seconda tragica morte di questa storia non lo hanno reso possibile.