Il voto popolare consegna la Svezia nelle mani della destra per la prima volta da quasi un secolo. Il thriller elettorale che ha tenuto la patria della socialdemocrazia con il fiato sospeso per tre notti e quattro giorni si conclude con un finale inatteso solo qualche settimana fa e, di fatto, storico.

A soffiare nelle vele della coalizione di destra, dandole lo slancio necessario al sorpasso sul campo di sinistra, è stata infatti l’ultradestra del rampante Jimmy Akesson che – con il 20,6% delle preferenze – si è imposta come secondo partito al Riksdag, aprendo uno scenario mai visto prima nel Paese scandinavo. Dove nel frattempo la premier uscente Magdalena Andersson, leader dei socialdemocratici, pur essendo da sola riuscita a raccogliere il 30,4% delle preferenze – piazzandosi prima -, in diretta tv ha annunciato le sue dimissioni a scrutinio non ancora ultimato, anche se ormai segnato dall’inevitabile.

Seguendo la massima ‘ogni voto conta’, lo spoglio al fotofinish delle schede inviate via posta e dall’estero ha certificato la vittoria della coalizione di centrodestra per un pugno di voti. Stando ai risultati quasi definitivi, sono tre i seggi conquistati in più rispetto all’alleanza rosso-verde di sinistra. Quanto basta in ogni caso per dare la possibilità al Moderato Ulf Kristersson (terzo al 19%) di sedere sul seggio più alto del Rosenbad, la sede del governo, a quasi cento anni dall’ultima volta di un esecutivo marcatamente di destra, nel lontano 1930. A lui, con tutta probabilità, toccherà il non semplice compito di formare il nuovo governo. “Il risultato è chiaro”, ha riconosciuto Andersson, prima donna premier della Svezia, concedendo la vittoria agli avversari. Meno chiari, però, sono i tratti della futura compagine al potere. L’ago della bilancia, proprio come alle urne, saranno ancora una volta i Democratici Svedesi di Akesson, nati nel 1988 dal gruppo neonazista Bevara Sverige Svenskt, vincitori morale in patria con una durissima campagna elettorale concentrata su immigrazione e criminalità, e ispiratori del gruppo dei Conservatori (Ecr) di Giorgia Meloni in Europa.

Già da lunedì il viavai nelle sedi dei partiti di destra a Stoccolma per definire il nuovo progetto di governo era fitto, ma la presenza dell’ultradestra – che di certo incute timore nei socialdemocratici e nei Verdi (che hanno chiuso con un deludente 5%) – non sembra andare giù a tutti. Tanto che al momento la strada più accreditata dagli analisti sembra essere quella di un appoggio esterno. Dai Moderati le bocche sono cucite su quali partiti potrebbero essere inclusi. Mentre i Liberali un messaggio, per quanto subliminale, lo hanno lasciato trapelare: “Il lavoro per formare un nuovo governo borghese liberale è in corso – ha precisato il leader Johan Pehrson -, ma non bisogna affrettare le cose”. L’unica cosa certa è che al tavolo dei negoziati i Democratici Svedesi oggi sono più che legittimati. E nessuno meglio del nazionalista ex web designer classe 1979, da 17 anni alla guida del partito anti-immigrazione, lo sa. “Saremo una forza costruttiva e trainante”, ha assicurato festante su Facebook. “Ora è tempo di iniziare a ricostruire sicurezza, benessere e coesione. È tempo di mettere la Svezia al primo posto. Ricomincia il lavoro per rendere bella la Svezia”. Una serie di slogan di trumpiana memoria che, almeno fino a qui, gli hanno portato fortuna.

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