Non c’era nessun mandato di perquisizione nei confronti di Hasib Omerovic, il 36enne sordomuto, di etnia rom, aggredito in casa da alcuni poliziotti e poi precipitato dalla finestra per circa otto metri. E’ quanto emerge dai primi accertamenti della procura di Roma svolti nell’ambito dell’indagine sul tentato omicidio dell’uomo che si trova da 50 giorni in coma all’ospedale Gemelli di Roma. Adesso occorrerà chiarire se si sia trattato di una perquisizione di iniziativa, coordinata da un funzionario, o di una decisione autonoma presa dagli agenti entrati in azione nell’abitazione di via Gerolamo Aleandro in zona Primavalle. Erano almeno quattro i poliziotti che lo scorso 25 luglio hanno visita ad Hasib e presto verranno sentiti dagli inquirenti.

Ad oggi, dopo l’esposto in procura presentato a inizio agosto dai legali della famiglia, gli avvocati della famiglia di origine bosniaca, Arturo Salerni e Susanna Zorzi, sono due i testimoni oculari del blitz a sorpresa degli agenti. Oltre alla sorella Sonita, che ha dei problemi di sviluppo mentale e che ha materialmente aperto la porta di casa ai poliziotti nella tarda mattinata del 25 luglio scorso, c’è anche la vicina di casa, la prima a telefonare alla sorella maggiore di Hasib, quel giorno fuori casa con i genitori. Al telefono spiega che Hasib è caduto dalla finestra. Un incidente, un incidente. Poi gli passa al telefono un poliziotto che dice di stare tranquilli, si è solo rotto un braccio ed ora è al pronto soccorso.

La stessa vicina, che chiede l’anonimato, ha raccontato a Corriere e Repubblica: “Stavo innaffiando le piante sul balcone, a un certo punto ho visto Hasib cadere dalla finestra. A terra si lamentava, i poliziotti erano già lì e lo hanno soccorso“. La donna lavora come mediatrice culturale e vive insieme al figlio: “Ho ancora i brividi, ho raccontato tutto alla polizia – spiega dall’uscio del suo appartamento – dopo la caduta ho visto Hasib in terra e i poliziotti che cercavano di aiutarlo. Prima non ho sentito urla, richieste di aiuto o rumori provenire dall’abitazione degli Omerovic”. Poi ha aggiunto: “La mamma di Hasib mi aveva raccontato che lui e la sorella anche lei disabile sono seguiti da un assistente sociale, ma io qua non l’ho mai visto. Persone così dovrebbero essere aiutate veramente, non abbandonate in una casa popolare a Primavalle”.

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