L’inverno di un’Europa sempre più coinvolta nella guerra in Ucraina sarà anche quello del taglio obbligatorio ai consumi di elettricità, almeno nelle ore di punta.

Bruxelles si appresta a varare la prima parte del pacchetto sull’energia mettendo sul tavolo innanzitutto la riduzione della domanda elettrica, oltre alla tassazione sugli extra-profitti per le multinazionali dell’energia e al contributo di solidarietà da parte delle società che lavorano i combustili fossili.

Il grande assente nel pacchetto che martedì la Commissione discuterà a Strasburgo, salvo colpi di scena, sarà il price cap.

La misura giace in un limbo. Da un lato, con Mosca che ha chiuso i rubinetti, appare superata. Dall’altro, un tetto ai prezzi generalizzato al gas importato dall’Ue non incontra il consenso necessario. Per Ursula von der Leyen sarà una settimana cruciale. La data da cerchiare con il rosso è quella di mercoledì, quando la presidente dell’esecutivo Ue terrà il discorso sullo Stato dell’Unione alla Plenaria dell’Europarlamento. L’intervento è attesissimo, anche perché sarà la prima occasione in cui la Commissione illustrerà le sue proposte sull’energia.

L’adozione formale del pacchetto si avrà infatti 24 ore dopo il collegio dei commissari che martedì si riunirà a Strasburgo. Oltre al price cap, dovrebbe lasciare da parte anche le misure per l’iniezione di liquidità alle società che operano sul mercato energetico, sulle quali è necessaria una messa a punto per il coordinamento con lo schema europeo sugli aiuti di Stato. Il taglio ai consumi sarà obbligatorio nel target ma non nella forma. L’Ue individuerà una cifra mensile di riduzione del consumo – che dovrebbe aggirarsi attorno al 10% ma la percentuale sarà oggetto di discussione fino all’ultimo – che ogni Paese dovrà rispettare. Il raffronto sarà fatto rispetto al medesimo mese di riferimento e sulla base di una media di consumi dei 5 anni precedenti al 1 novembre 2022.

Ma spetterà ai governi nazionali decidere in quali ore far scattare il taglio. Nella bozza della proposta si legge che “la riduzione obbligatoria “dovrebbe risultare” da un taglio operato “in 3-4 ore per giorno lavorativo in media, che normalmente corrispondono alle ore di picco dei consumi. Tale fascia – si legge ancora – può includere “anche la generazione di elettricità di fonti rinnovabili”. Nella scelta di queste ore gli Stati membri “hanno un margine di discrezionalità”, prevede la proposta.

Discrezionalità che si estende anche agli ambiti di applicabilità del taglio ai consumi. Ma con il pacchetto – che seguirà l’iter ex articolo 122 dei Trattati, che non richiede unanimità – per i cittadini europei usare due elettrodomestici in contemporanea in alcune ore della giornata potrebbe essere di fatto impossibile. La cosiddetta “windfall tax” (tassa sugli extra-profitti) avrà come cardine un limite obbligatorio ai ricavi degli operatori che producono energia da rinnovabili, nucleare e lignite, cioè diverse dal gas.

Il limite si applicherà ai ricavi per megawattora e sarà oggetto di discussione fino all’ultimo, anche se l’orientamento dei giorni scorsi era di fissarlo attorno ai 200 euro. Le eccedenze dei ricavi derivanti dall’applicazione del cap dovranno essere ‘girate’ a cittadini e imprese “esposti a prezzi elevati dell’energia elettrica”, si legge nella bozza. E il price cap vero e proprio? Sarà, molto probabilmente, il convitato di pietra del vertice informale europeo di Praga di inizio ottobre. Il tetto generalizzato all’import di gas, sostenuto da una quindicina di Paesi Italia in testa, non incontra resistenze solo in Ue (da Germania e Olanda, innanzitutto) ma anche dai partner energetici di Bruxelles. Il premier norvegese Jonas Gahr Store, in una telefonata con von der Leyen, ha manifestato tutto il suo “scetticismo” sulla misura, che potrebbe incontrare la contrarietà anche di Algeria e Azerbaigian. E del loro gas, ora, l’Europa non può più farne a meno.

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