Passano i giorni, non piove e l’emergenza siccità si aggrava. Le regioni valutano la possibilità di ordinanze per razionare l’acqua al Nord, come il divieto di riempimento delle piscine e l’uso dell’acqua per i soli fabbisogni primari.

Nell’attesa che si dichiari lo stato d’emergenza, che il Governo è intenzionato a concedere e che servirà però non per interventi strutturali ma a far avere i ristori alle aziende agricole, che rischiano di perdere una parte cospicua del raccolto, e a mettere a disposizione le risorse necessarie per far intervenire le autobotti laddove si dovessero seccare i rubinetti, l’Autorità di bacino del Po ha dichiarato, in proprio, l’allarme rosso: la situazione del grande fiume è infatti allo stato di emergenza più grave, probabilmente da quando se ne ha memoria.

La Coldiretti lancia l’ennesimo allarme: ogni anno in Italia “si perde l’89% dell’acqua piovana” e “accanto a misure immediate per garantire l’approvvigionamento alimentare della popolazione, appare evidente l’urgenza di avviare un grande piano nazionale per gli invasi che Coldiretti propone da tempo’. Lo dice il presidente della Coldiretti Ettore Prandini che rilancia la necessita di una rete di piccoli invasi diffusi sul territorio, senza uso di cemento e in equilibrio con i territori, per conservare l’acqua e distribuirla quando serve ai cittadini, all’industria e all’agricoltura, con una ricaduta importante sull’ambiente e sull’occupazione.

Dall’esecutivo arriva la rassicurazione del sottosegretario alla Salute Andrea Costa: “Credo ci siano le condizioni per arrivare a dichiarare lo stato di emergenza”, ha detto a SkyTG24. Il sottosegretario ha osservato che “la preoccupazione delle Regioni è giustificata e il Governo condividerà un percorso con le Regioni”. “Dobbiamo sostenere il comparto agricolo, che non è solo produttivo ma vitale per il nostro Paese” grazie al presidio e alla manutenzione del nostro territorio”.

A palazzo Chigi intanto c’è stato il primo confronto tra i tecnici dei ministeri e nei prossimi giorni, ha assicurato il ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli, ci sarà un aggiornamento a livello politico. “La situazione è delicata” ammette il titolare del Mipaaf. Del tema si occuperà anche la Conferenza delle Regioni che in due riunioni, una anche con il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio, avanzerà le proprie richieste: scontata quella dello stato d’emergenza, alla quale con ogni probabilità dovrebbe arrivare una risposta positiva. Dalle Regioni arriverà anche la richiesta della messa a disposizione dei fondi del Pnrr per la realizzazione di nuovi invasi. Possibile anche che si parli di un quadro comune di ordinanze per prevenire lo spreco d’acqua, con il razionamento e l’indicazione a privilegiare l’uso dell’acqua per i fabbisogni primari. Cosa che, in moltissimi casi, i Comuni hanno già fatto in via autonoma. Sul tavolo anche l’ipotesi di un prelievo sempre più massiccio dai laghi, ma serve un accordo politico e un’intesa con i gestori degli invasi idroelettrici, magari prevedendo anche per loro i ristori.

Nella riunione dell’Autorità di Bacino del Po (diventata ormai periodica e già aggiornata al 29 giugno) per coinvolgere nelle decisioni Regioni, mondo agricolo, autorità di bonifica, aziende elettriche e multiutility che si occupano di far arrivare l’acqua nelle case, si è, per il momento, raggiunta una soluzione di compromesso: non sospendere l’irrigazione delle campagne, ma ridurre i prelievi del 20%. C’è infatti un groviglio di problemi economici e ambientali che si complicano, inesorabilmente, l’uno con l’altro: la portata del Po è ai minimi storici, si vede ad occhio nudo e con le misurazioni della portata: a Pontelagoscuro, nei pressi di Ferrara, è arrivato a 180 metri cubi al secondo, come un fiumiciattolo.

Questo fa sì che il temutissimo cuneo salino avanzi: meno acqua c’è nella parte finale del fiume, più il mare si fa aggressivo e risale rendendo di fatto inutilizzabile l’acqua del fiume per l’irrigazione perché è salata, ma creando anche molti altri problemi per l’ecosistema. E’ arrivato a 21 km dalla foce e potrebbe avanzare ulteriormente. L’irrigazione continua grazie al prelievo dai laghi del nord.

“Giunti a questi livelli – dice il segretario dell’Autorità di bacino Meuccio Berselli – ogni decisione porta con sé margini di criticità ma il traguardo è minimizzare il danno quanto più possibile in attesa di potenziali integrazioni amministrative dei territori e organi di governo”. Dal punto di vista dell’approvvigionamento dell’acqua potabile l’attenzione è altissima e si è pronti all’intervento con le autobotti: in questo momento, l’emergenza più grande riguarda il Piemonte dove l’allerta riguarda 145 Comuni soprattutto nel Novarese e nell’Ossolano e dove il livello del lago Maggiore è sceso di un metro negli ultimi 3 giorni.

Il Piemonte ha chiesto aiuto alla Val d’Aosta, che però ha risposto che la situazione è tale che non se lo può permettere. Problemi si profilano anche nella Bergamasca e nell’Appennino parmense. Attenzione altissima anche nell’area del Delta del Po: la protezione civile ha fatto una ricognizione sui potabilizzatori di Acque Venete e Romagna Acque che servono le utenze di circa 7-800mila persone. L’Emilia Romagna dalle prossime ore sarà in stato di calamità e nel Lazio il presidente della Regione Nicola Zingaretti definisce “grave” la situazione della provincia di Roma, annunciando lo stesso provvedimento per mercoledì: consentirà di adottare le prime misure e invitare i sindaci a contenere il consumo dell’acqua. In ogni caso, tutte le ricette individuate sono soluzioni tampone o poco efficaci o di lunghissimo respiro: l’unica per alleviare in maniera immediata un po’ di sofferenza sarebbe la pioggia. Che però, stando alle previsioni, come ha preso mestamente atto il tavolo dell’osservatorio sulla crisi idrica, non è previsto che arrivi a breve. Anzi per i prossimi giorni proseguirà il caldo, che complica ulteriormente la situazione della siccità, oltre a far aumentare i consumi di energia, la cui produzione idroelettrica è, ovviamente, ai minimi termini.

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