Obbligo di vaccino per gli over 50, che potranno andare al lavoro solo se immunizzati o guariti dal Covid. Il governo approva l’ennesimo provvedimento per tentare di fermare la crescita senza fine dei contagi – anche oggi 189mila casi, record dall’inizio della pandemia – ma la maggioranza si divide sull’introduzione dell’obbligo del super pass per accedere ai servizi o entrare nei negozi, con la Lega che dopo aver minacciato l’astensione deve incassare la ‘linea’ imposta del premier Mario Draghi sull’obbligo vaccinale ma ottiene la modifica della norma prevista dalla bozza entrata in Consiglio dei ministri: per andare in banca, dal parrucchiere o alle Poste basterà il pass base.
“Vogliamo frenare la crescita dei contagi e spingere gli italiani che ancora non si sono vaccinati a farlo. Interveniamo sulle classi di età che sono più a rischio di ospedalizzazione per ridurre la pressione sugli ospedali e salvare vite” dice il premier. Il nuovo decreto passa all’unanimità, ma arriva dopo una giornata tesa tra i partiti nella quale le posizioni sono rimaste quelle già emerse nei giorni scorsi. Pd, Forza Italia, Italia Viva e il ministro della Salute Roberto Speranza erano per per estendere l’obbligo vaccinale a tutti i lavoratori mentre sul fronte opposto si è ricreato l’asse Lega-Cinquestelle che diede vita al governo gialloverde. Senza un punto d’incontro è stato il premier Mario Draghi a trovare una via d’uscita: prima ha imposto, contro la volontà della Lega, l’obbligo vaccinale per tutti gli italiani che hanno più di 50 anni, una scelta che non è un “compromesso politico”, spiegano fonti di governo ma che serve a ridurre le ospedalizzazioni, visto che sono proprio quelle le classi di età più ricorrenti nelle terapie intensive e nei reparti Covid.
E poi ha avallato il compromesso per evitare l’astensione dei ministri di Matteo Salvini: per accedere ai servizi alla persona – dunque parrucchieri ed estetisti – agli uffici pubblici, servizi bancari, postali e finanziari, nei centri commerciali e nei negozi, ad eccezione di quelli “necessari per assicurare il soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie delle persone”, basterà il green pass base (quindi ottenibile anche con tampone) e non quello rafforzato, come era previsto dalla bozza del decreto. Una misura che, di fatto, avrebbe lasciato ai no vax la possibilità di andare solo in farmacia o nei supermercati. Appena il decreto sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, scatterà l’obbligo del vaccino fino al 15 giugno per tutti coloro che hanno compiuto 50 anni o che li compiranno entro quella data, con l’esenzione solo per chi ha un certificato medico. Chi è guarito, invece, dovrà vaccinarsi obbligatoriamente dopo 6 mesi. Per chi dovesse decidere comunque di non immunizzarsi è prevista una sanzione di 100 euro, anche questa una scelta introdotta in Cdm che nella bozza non era indicata. Per i 50enni scatta anche un altro intervento: dal 15 febbraio si potrà andare al lavoro solo con il super green pass. Una misura che vale sia per il privato e il pubblico, compreso chi lavora in ambito giudiziario e i magistrati.
La norma non si applica invece per gli avvocati difensori, i testimoni e le parti del processo. Le verifiche spetteranno ai datori di lavoro e chi non ha il superpass sarà assente ingiustificato fino alla presentazione della certificazione, “con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro e senza conseguenze disciplinari”, ma con la sospensione dello stipendio e di qualunque “altro compenso o emolumento comunque denominato”. Le imprese potranno però sostituire chi non ha il pass rafforzato. In questo caso sono previste sanzioni: chi entra in un luogo di lavoro e non ha il super pass incorre in una sanzione erogata dal prefetto che va da 600 a 1.500 euro. E tornerà anche l’uso massiccio dello smart working: i ministri Brunetta e Orlando hanno firmato la circolare nella quale si sensibilizzano le amministrazioni pubbliche e i datori di lavoro privati a utilizzare pienamente lo strumento.
Con il decreto il governo modifica anche la gestione dei casi covid a scuola. In quelle dell’infanzia, con un positivo si va in quarantena per 10 giorni mentre alle elementari, con un caso si applica la sorveglianza con test al primo e dopo cinque giorni mentre con 2 casi si resta a casa per 10 giorni. In medie e superiori, invece, con un caso si resta in classe (con l’autosorveglianza e l’utilizzo della Ffp2) mentre con 2 casi vanno in Dad per 10 giorni solo i non vaccinati e chi è guarito o vaccinato da più di quattro mesi senza aver fatto il booster. Con tre positivi, invece, tutta la classe è a casa per 10 giorni. Un punto, quest’ultimo, che ha visto salire la tensione nell’incontro tra governo e Regioni poiché nella bozza del decreto la didattica a distanza era prevista con 4 casi. Alla fine la norma è stata cambiata in Cdm e la richiesta dei governatori è stata accolta. “E’ un intervento molto articolato che va incontro alle richieste delle Regioni – dice il ministro Bianchi – la scelta di fondo è che si trona ad una scuola in presenza e in sicurezza”. La decisione di distinguere tra vaccinati e non vaccinati in presenza di due positivi viene però criticata dal presidente dell’Associazione dei presidi Antonello Giannelli: “è una misura discriminatoria”.