Un latitante di ‘ndrangheta, Antonio Strangio, di 32 anni, è stato arrestato al Bali Ngurah Rai International Airport di Bali (Indonesia) dalla polizia locale. L’uomo è ritenuto legato alla omonima ‘ndrina di San Luca nota come “Janchi”.
Colpito dalla “Red Notice” Interpol (l’avviso di cattura internazionale per i ricercati in tutto il mondo), è accusato di produzione e traffico di droga con l’aggravante del metodo mafioso nell’operazione “Eclissi 2” diretta dalla Dda di Reggio Calabria e condotta dal Reparto investigativo del Comando provinciale dei Carabinieri di Reggio.
L’indagine, prosecuzione della “operazione Eclissi”, aveva portato nel luglio 2015 all’arresto di 11 soggetti appartenenti a cosche del vibonese e del reggino, legati al clan Bellocco. Strangio si era reso latitante nel 2016 scappando in Australia da dove, essendo stato naturalizzato cittadino australiano, non poteva essere estradato. I carabinieri reggini, supportati dall’Unità I-CAN (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta) e dall’Esperto per la Sicurezza italiana a Canberra, hanno continuato a seguire le sue tracce senza mollare la presa e al primo passo falso l’hanno catturato. Con la collaborazione di Interpol Indonesia è stato fermato a Bali, appena uscito dall’Australia, il 2 febbraio alle 21 ora locale (le 15 in Italia) ma è stato reso noto solo oggi.
L’arresto segue di poche ore la cattura, avvenuta a Saint Etienne (Francia), di Edgardo Greco, latitante da 17 anni, conosciuto come lo “chef della ‘ndrangheta” e condannato all’ergastolo per duplice omicidio. Con Strangio sono 42 i latitanti arrestati nel mondo in poco meno di tre anni dall’avvio del Progetto I Can, che, sottolineano i carabinieri, “sta raccogliendo i risultati di un lavoro volto a far crescere nelle forze di polizia di 13 Paesi (quelli più esposti alla minaccia) la consapevolezza della pericolosità globale dalla ‘Ndrangheta, che fino a poco tempo fa veniva considerata un fenomeno folcloristico italiano e non una potente organizzazione criminale che si è fatta impresa in tutto il mondo, che opera attraverso piattaforme criptate, paga in criptovalute e inquina il tessuto economico e finanziario delle realtà che ‘colonizza’”.