“I rapimenti di Emanuela (Orlandi) e di (MirellaGregori furono decisi dal Governo vaticano ed eseguiti da uomini del Servizio segreto vaticano vicinissimi al Papa. La trattativa pubblica era ovviamente una sceneggiata ben orchestrata da pochi alti prelati operanti all’interno dei servizi vaticani”. E’ quanto emerge in una lettera inviata da Mehmet Ali Ağca, l’attentatore di papa Giovanni Paolo II nel 1981, a Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, sparita il 22 giugno 1983 all’età di 15 anni.

Una lettera ritenuta “in parte” attendibile da Pietro Orlandi e pubblicata dal Corriere della Sera. Secondo Ağca, che oggi ha 64 anni e vive in Turchia con la moglie italiana, Emanuela “era un fatto tutto vaticano ed è stata presa in consegna da alcune suore fin dall’inizio”. La 15enne “ha compreso l’importanza del suo ruolo e lo ha accettato serenamente. So di lei soprattutto grazie a un padre spagnolo che mi ha visitato in Italia e anche qui a Istanbul. Un uomo, un religioso, animato da una fede autentica, che conosce i misteri del mondo e che non mente”.

Per Ağca la pista bulgare “è una completa invenzione, interamente costruita a tavolino dai servizi segreti vaticani e dal Sisde, il servizio segreto civile italiano, con la benedizione della Cia di Ronald Reagan, il maggiore alleato di papa Wojtyla”. L’attentatore del pontefice ha ribadito che all’epoca agì da solo senza alcuna regia alle spalle.Per Pietro Orlandi, raggiunto da LaPresse, è necessario riaprire le indagini perché “sono troppi i punti non chiari. Il Papa, dopo che gli abbiamo scritto a gennaio, ha risposto in maniera riservata di andare presso il tribunale Vaticano. Io ho portato la richiesta per un incontro con i promotori ma non abbiamo mai ricevuto risposta. Io continuo a provare: è stato il Papa a dirci di andare da lui, non vogliono che io verbalizzi perché farei nome e cognome delle persone. La stessa cosa succede invece presso la procura di Roma”.

Ağca ha già incontrato Pietro Orlandi nel 2010 durante una riunione segreta emersa anni dopo. Nella lettera spiega anche quale fosse il coinvolgimento del Vaticano nel rapimento di Emanuela: “Papa Wojtyla credeva profondamente nel Terzo Segreto di Fatima e credeva anche nella missione che Dio gli assegnava, ovvero la conversione della Russia”. Poi aggiunge che dopo l’attentato, “Wojtyla in persona voleva che io accusassi i Servizi segreti bulgari e quindi il Kgb sovietico. Il premio per la mia collaborazione, che loro mi offrirono e che io pretendevo, era la liberazione in due anni. Io potevo essere liberato tuttavia solo a condizione che il presidente Sandro Pertini mi concedesse la grazia ed esattamente per questa ragione Emanuela e Mirella vennero rapite“. Pertini, però, sottolinea Agca, “non era manovrabile”.

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